L’area del Parco Archeologico di Laus Pompeia rappresenta il trait d’union tra la città e i siti legati alla sua memoria. Nel progetto dello studio FaseModus Architettura si articolano i temi della tutela, della valorizzazione e della promozione, con l’obiettivo di restituire alla collettività, all’interno di uno spazio aperto facilmente fruibile, larga parte delle testimonianze archeologiche, monumentali e documentali delle complesse vicende passate.
Un intervento di rigenerazione promosso dal comune di Lodi Vecchio e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nel quadro del piano strategico “Grandi Progetti Beni Culturali” che integra temi che vanno dall’ambiente al recupero del patrimonio testimoniale, al design biofilico.
Il progetto
Il progetto del Parco Archeologico di Laus Pompeia è l’ultima fase di un processo di costruzione avviato da più di mezzo secolo: dai primi scavi degli anni ’50 alla condivisione da parte della cittadinanza del valore che assume per dare forma alla città. Da cascina a sito archeologico quindi polo culturale, la forza e la densità di segni e memorie riassunti all’interno del Parco evidenziano i legami che intercorrono tra valorizzazione e multifunzionalità.
È facilmente riconoscibile la pluralità del luogo, dove manufatti e reperti nel tempo hanno mutato la propria forma fisica e le proprie funzioni: una ricchezza che è il risultato di molteplicità di relazioni tra le parti e con il contesto – che sia città o campagna. Da una parte questa dimensione temporale conferisce al progetto un carattere aperto negli usi degli spazi e degli edifici; dall’altra, la qualità formale dello spazio si coniuga a significati e usi sociali, rilevanti per la vita delle persone che lo fruiranno rendendolo un luogo unico.
La ri-costruzione della natura ha un ruolo chiave nel rapporto con il paesaggio offerto dalle vestigia di questo luogo. Le tracce e i manufatti dell’uomo che qui si sono sovrapposti, con l’introduzione della natura nelle cifre del progetto, acquisiscono una ulteriore, vitale, dimensione temporale che è quella propria dei cicli della natura.
Per non cancellare questi molteplici segni, il progetto ha previsto interventi minimi che arricchiscono i luoghi di un lessico contemporaneo fatto di elementi coerenti che dialogano con quelli ereditati. Non si costruiscono volumi ma si introducono punti di vista privilegiati in grado di condizionare e orientare la visione per costruire la narrazione del luogo con un atteggiamento progettuale che ha la dimensione dell’allestimento in un territorio intermedio tra l’architettura e il design.
La casa padronale e i rustici
Il valore testimoniale della casa padronale e della colonna absidale hanno indirizzato la progettazione verso un atteggiamento che chiarisce il nuovo ruolo conferito all’immobile senza intaccarne gli elementi costruttivi connotanti.
L’intervento si identifica come restauro dei brani di pregio unito a risanamento conservativo e ristrutturazione atti a salvaguardare la consistenza e la forma dei volumi principali da coniugarsi ad un adeguamento tecnologico consono alle nuove attività per le quali si predispone l’immobile.
Il tema dei collegamenti verticali diventa rilevante funzionalmente e risolto attraverso l’introduzione di un elemento leggibile nel contesto dei ruderi. La soluzione proposta prevede la giustapposizione delle rampe alla struttura principale all’interno del sedime delle case coloniche.
La sua natura di “volume vuoto” affiancato ai pieni delle case coloniche e della casa padronale, condivide l’attitudine architettonica già introdotta nell’edificio della stalla-museo: per materiali e per rapporto con l’esistente l’intervento nella sua leggerezza è un “innesto minimo”, seppur non mimetico, nei rapporti con le murature circostanti.
La lettura del contesto e il programma d’intervento si coniugano ulteriormente nell’intervento sullo spazio derivato dalle murature superstiti delle case coloniche. Le “stanze” a cielo aperto formate dalle murature principali saranno percorribili in più direzioni conferendo a questi spazi grande versatilità.
Una lenta rampa pedonale attraversa questi spazi costruiti con la funzione primaria di collegamento verticale alternativo alle scale e consolidamento delle murature. Il suo andamento è però tale da offrire uno spostamento significativo dei punti di vista sul parco archeologico: una “promenade architecturale” che modifica i meccanismi percettivi e i consueti rapporti tra l’osservatore e i reperti.
Il gruppo di progetto
Per la multidisciplinarità dei temi affrontati dal progetto, lo studio FaseModus Architettura è coadiuvato da un team di archeologi coordinati da Gianluca Mete, dallo Studio Giuriani per gli interventi sulle strutture storiche, e Matlab, la divisione “green” di FaseModus, guidato dall’architetto Elisabetta Tonali.